Grazie a Francesca Cogni ho conosciuto qualche mese fa il meraviglioso libro/progetto This Is Not an Atlas, un immenso lavoro collettivo di cartografia indipendente e libertaria, più di quaranta cartografie auto-realizzate e trasformate da collettivi politici e da geografi indipendenti. All’interno potete trovare contributi che spaziano dalle lotte degli indigeni dell’amazzonia ai movimenti politici di San Francisco, ai campi dei rifugiati in Libano agli slums di Nairobi e ovviamente tanto altro anche perché stiamo parlando di un libro di 400 pagine. Questo libro/progetto in evoluzione permanente, è stato realizzato dal kollektiv orangotango che è cresciuto in un decennio di esperienze nella pratiche e nelle esperienze teoriche della mappatura critica tra Europa e America Latina. Some attivisti e accademici, un collettivo che si impegna nella ricerca critica, nell’educazione popolare e nel sostegno delle lotte di emancipazione. Ho raggiunto Paul uno dei fondatori di questo collettivo e sono riuscito a farci quattro chiacchiere sul loro lavoro. 

 

Appena ho sfogliato il vostro lavoro “this is not an atlas” ho pensato che avevo tra le mani qualcosa di incredibile, ben fatto ed originale, ma soprattutto qualcosa di utile per tutti/e. Come e quando nasce il progetto?

Questo lavoro è un progetto collettivo, nasce dall’ incontro di diversi soggetti. Anzi, dagli infiniti incontri trai vari membri del kollektiv orangotango e dei gruppi e individui cartograf* e attivisti critici, di cui molti oggi fanno parte del progetto Not-an-Atlas.

Molte di queste persone hanno fatto nascere il progetto molto prima della nostra entrata in campo, perché è stato il loro lavoro che ci ha inspirato a fare cartografia critica e collettiva. Il processo è stato lungo, dopo aver lavorato per vari anni realizzando laboratori e processi di cartografia collettiva con gruppi di attivisti in vari paesi europei e latinoamericani, ci siamo chiesti? Ma com’è possibile che tutti questi gruppi usano un metodo in comune, in dei contesti, sfide e richieste spesso distinte, ma applicano degli strumenti simili, per organizzarsi, per dare visibilità alle loro lotte, per riflettere collettivamente, per criticare lo status quo….. e non c’è una rappresentazione comune di tutte queste attività e di tutti queste mappature?!’

E proprio in quel periodo, nel 2014, nello scambio con altr* geograf* critic* ci rendemmo conto che anche loro, dal punto di vista accademico, vedevano un reale bisogno di una pubblicazione sulla cartografia critica. Da lì cominciammo a discutere questa possibilità di creare un lavoro collettivo, eravamo ancora lontani dal pensare a un un libro “pesante” come è diventato oggi Not-an-Atlas.

All’inizio 2015 lanciammo un call for contributions in varie lingue e ricevemmo quasi 150 risposte, e ci rendemmo conto che il progetto sarebbe stato più grande di quello che avevamo immaginato.

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Siete un collettivo transnazionale? geografi, antropologi, attivisti? come vi siete scelti?

In realtà, a volte, discutiamo se siamo un collettivo, o una piattaforma, oppure una rete, o chi sa che altro. Alla fine, penso che si possa dire che siamo un collettivo-nucleo, composto da poche persone, amic*, compagn*, che si occupano di una sorta di “amministrazione”, comunicazione, che prendono delle decisioni insieme ecc.

Parlando di questo nucleo, ci siamo incontrati e formati come amic* nell’incrociarsi dell’attivismo con degli studi di geografia critica. Questo gruppo, durante gli ultimi dieci anni, è stato molto dinamico. Chi si è allontanat* con il tempo, chi si è associat* recentemente. Siamo umani con dei passaporti tedeschi, ma ciascun* con dei legami forti, amic*, compagn*, famiglia, in vari paesi d’Europa e dell’America Latina, e con delle esperienze alle spalle di molti anni di attivismo in questi differenti contesti geo-politici. Quindi kollektiv orangotango, oltre il collettivo-nucleo, attua attraverso le reti di relazioni di militanza, vicinanza, empatia e attraverso dei forti legami affettivi. Il ‘kollektiv’ die kollektiv orangotango non è neanche necessariamente un gruppo – non abbiamo una tessera di socio – ma un modo di fare e tutte le persone con cui lavoriamo condividono  questo modo di fare,  un progetto che è un processo in cammino – tra Berlino, Napoli, Bogotá, Rio de Janeiro, Hamburgo, Valapraiso – tra mappature e murales collettivi, orti comunitari, geografia critica, educazione popolare…

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Quanto tempo ci avete messo ad elaborare un lavoro così completo?

Not-an-Atlas non è completo, neanche approssimativamente. Se questo libro si chiama ‘Questo Non È un Atlante’ è per questo: perché non pretende di essere completo, oggettivo e universale, come degli atlanti tradizionali facevano. Anzi, non potrà mai essere finito!

È soggettivo, è parziale! E non è universale nel senso che, come qualunque altro libro, deve essere letto criticamente, contestualizzando le condizioni in cui è stato creato e pubblicato!

 

Allora, nel senso pratico il libro è completo, perché non saranno aggiunte altre mappe. Invece il progetto ‘Not-an-Atlas’ continua su vari livelli. C’è il sito notanatlas.org, su cui già si trovano tutte le mappe e contributi del libro. Nei prossimi anni notanatlas.org funzionerà come un archivio che crescerà, su cui saranno pubblicate continuamente nuovi contributi e mappe, sottoposte allo stesso processo di editing che abbiamo applicato ai materiali del libro. Oltre a ciò, il sito darà una struttura a la rete di cartograf* critic* e attivisti che hanno contribuito e che contribuiranno. Questa rete – con la pubblicazione del libro, la visibilità che questa implica, e con gli eventi che stiamo organizzando per discutere il progetto – sta crescendo molto. Quindi speriamo, non solo di pubblicare tutti quei lavori che stiamo conoscendo recentemente, ma di utilizzare il blog notanatlas.org/blog come strumento di comunicazione comune tra i cartograf*/attivisti che fanno parte della rete. Inoltre vogliamo creare sul sito una base di materiali e manuali di mappature.

La finalità è di farlo diventare una piattaforma di vero e proprio scambio globale di pratiche, collaborazioni e visioni. Comunque, per rispondere alla tua domanda, tra i primi incontri di redazione, in cui abbiamo cominciato a tracciare le linee del progetto, e la pubblicazione del libro nel autunno del 2018 sono passati quattro anni.

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Come avete elaborato le mappe? sono molto diverse tra loro

Il nostro compito, dopo aver ricevuto quasi 150 proposte di mappe e testi da pubblicare nel libro, per primo è stato quello di sistematizzare, dare ordine, definire il quadro… La struttura dell’indice del libro riflette questo tentativo, di mantenere un ampia eterogeneità dei contributi, ma cercando allo stesso tempo di darle una linea coerente. La linea che abbiamo scelto consiste nella funzione delle rispettive mappe nei loro contesti, da mappe usate come strumenti dell’azione diretta alle mappe che funzionano come critica teorica…

Come lo state diffondendo?

Una delle nostre pretese, ovviamente, era quella di produrre qualcosa di utile e accessibile anche a dei contesti popolari, lontani dell’accademia, periferici nei vari sensi della parola. Parzialmente questo obiettivo è stato raggiunto per mezzo del finanziamento della Fondazione-Rosa-Luxembrug, che ci ha permesso di chiedere all’ editrice di abbassare il prezzo di vendita sotto il prezzo del costo reale di produzione di un libro di queste dimensioni 400 pagine cartonate a colori e maxiformato.

Inoltre, abbiamo una quantità di libri, che mandiamo gratis a dei contesti popolari, di lotta, biblioteche comunitarie, centri sociali ecc. Anzi colgo l’occasione per dire ai lettori  di farci sapere se avete proposte di dove il Not-an-Atlas dovrebbe essere disponibile. In Italia, già è disponibile in vari spazi a Genova, Milano, Torino, Napoli, Firenze e Palermo. In più stiamo non solo diffondendo il libro ma estendendo la rete di cui parlavo, attraverso degli eventi di presentazione, discussione, mappatura… Da autunno scorso abbiamo già realizzato eventi di uno o più giorni a Berlino, Hamburg, Basilea, Vienna, Genova, Palermo, Valparaíso, Bogotá, Quito, Porto Alegre. In queste occasioni abbiamo conosciuto nuov* compagn*, nuove pratiche, nuove esigenze. Questi momenti di confronto e condivisone ci spingono a continuare questo lavoro collettivo. Camminiamo domandando, verso mappe che contengano molti mondi…

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